LA RISTORAZIONE SUL LASTRICO
Tanti punti di aggregazione che stanno soffrendo, più di altri, le restrizioni causate dal coronavirus. A Taranto, un centinaio di ristoratori, hanno scritto al Sindaco Rinaldo Melucci. Sono titolari di ristoranti e pizzerie che, dalla fase di avvio del lockdown, hanno dovuto abbassare le saracinesche e lasciare a casa 1.500 dipendenti.
Tra operatori diretti e indotto denunciano il destino a rischio di ben 5 mila persone.
La missiva inviata al primo cittadino, è al quanto chiara.
“La lettera è il frutto di preoccupazioni condivise, affermanoi, ma anche un tentativo, da parte di tutti, di trovare soluzioni possibili. Chiediamo alle istituzioni coinvolte, dal Comune, passando per la Prefettura e l’ASL o la soprintendenza, di fornire una risposta adeguata ad una crisi senza precedenti”.
Le richieste dei Ristoratori vanno dall’azzeramento delle tasse comunali, alla cancellazione degli oneri per l’occupazione di suolo pubblico (in caso di ampliamenti degli spazi esterni per la somministrazione di cibi e bevande), fino alla redazione di un protocollo d’intesa con prefettura e ASL per l’individuazione e lo snellimento delle procedure per operare in sicurezza massima per lavoratori e clienti.
Il momento è tragico. Non si riesce a capire, nemmeno, quando si potrà tornare alla normalità. Tante le famiglie in sofferenza, da quelle dei titolari ai camerieri. Sono a rischio 5mila posti di lavoro, più del comparto industriale dell’ex Ilva, oggi ArcelorMittal.
Ecco lettera inviata al Sindaco. “E’ il frutto di preoccupazioni condivise ma anche del tentativo da parte di tutti di trovare soluzioni possibili.
La Fase 2 rimarca la necessità di continuare a preservare le prescrizioni previste dal distanziamento sociale: la categoria comincia a fare i conti tra spazi, processi di sanificazione da mettere in atto e opportune misure di sicurezza tra un cliente e un altro.
Occorre coraggio e un’azione condivisa e per questo chiediamo alle istituzioni coinvolte, dal Comune, passando per la Prefettura e l’ASL o la soprintendenza ai beni architettonici che regola insieme agli enti comunali la gestione degli spazi all’aperto, di fornire una risposta adeguata ad una crisi senza precedenti”. Chiedono l’azzeramento delle tasse comunali alla cancellazione degli oneri per l’occupazione di suolo pubblico in caso di ampliamenti degli spazi esterni per la somministrazione di cibi e bevande, fino alla redazione di un protocollo d’intesa con prefettura e ASL per l’individuazione e lo snellimento delle procedure per operare in sicurezza massima per lavoratori e clienti.
“Molti di noi non sanno se potranno riaprire; per questo, speriamo si possa aprire un tavolo di concertazione che prenda in considerazione il difficile momento che vive il comparto ma anche tutto il suo indotto e avviare così anche un percorso di sburocratizzazione e celerità delle procedure. Sappiamo che l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ha predisposto un documento presentato al Governo per l’istituzione di un fondo che dia immediatamente sollievo ai settori maggiormente colpiti dalla chiusura totale – commentano – per questo le risorse vanno calibrate sulla base della conoscenza reale delle problematiche e commisurate ad una crisi di vaste proporzioni da cui molti di noi rischiano di non rialzarsi”.
Non sarà facile ma, come per tutti i comparti, ci auguriamo che lo Stato possa sostenere questa gente che stava iniziando a vedere i frutti del post Ilva, considerando una ripartenza proprio dalle attività turistiche, ristorazioni in primis.
Francesco Leggieri