Covid-19: così attacca il nostro cervello
Mal di testa. Alterazioni di gusto e olfatto Difficoltà cognitive. Stato confusionale protratto. Ecco cosa succede quando Sars-CoV 2 colpisce il cervello. Con rischi seri
ANCHE tra chi è stato colpito da Covid in forma non grave, sono in molti a lamentare stanchezza o “brain fog”, un senso di confusione che rende difficile concentrarsi o lavorare. E poi ci sono il gusto e l’olfatto che scompaiono o si alterano: ageusia, disgeusia, anosmia o disosmia. Sintomi diffusi e inquietanti che mostrano come l’infezione da Sars-CoV 2 non colpisca solo le vie respiratorie, ma anche il sistema nervoso. Senza dimenticare le possibili conseguenze neurologiche di alcuni effetti del virus, come l’infiammazione e l’aumentato rischio di trombosi.
Covid: quando bisogna andare in ospedale
Sono temi su cui i ricercatori si stanno interrogando dalla comparsa dell’epidemia, con tutte le difficoltà dovute allo stato di emergenza. Ma già i primi studi realizzati a Wuhan evidenziavano complicazioni neurologiche in circa un terzo dei pazienti trattati. «Il problema è che molti dati sono disomogenei ed estremamente variegati», spiega Alessandro Pezzini, professore associato di Neurologia dell’Università di Brescia, tra gli autori di alcuni dei primi studi sul tema, pubblicati su Nature Reviews Neurology. In alcuni lavori la percentuale dei disturbi neurologici supera il 60%, in altri si ferma intorno al 4-7%. Tra le ragioni di questa disparità, gli esperti sottolineano la difficoltà di raccogliere dati in una situazione di emergenza assoluta, in cui la salute del paziente e la sicurezza degli operatori e delle strutture sono prioritarie. «Il che spesso ha portato, per esempio, a limitare l’esecuzione di esami neurologici come risonanze magnetiche, elettromiografie o rachicentesi nei pazienti ammalati di Covid», spiega Pezzini. Oltretutto si tratta di dati che si riferiscono a pazienti ospedalizzati, raccolti in genere in forma retrospettiva. «Senza dimenticare – prosegue il neurologo – che bisogna capire cosa s’intende per disturbo neurologico: in alcuni casi i sintomi più leggeri o aspecifici non sono stati registrati, in altri, invece, lo sono stati».
Covid, così il virus danneggia il cervello
SISTEMA NERVOSO E INFIAMMAZIONE
Un po’ di chiarezza dovrebbe arrivare da uno studio osservazionale promosso dalla Società Italiana di neurologia in 45 strutture italiane: «In parallelo con la Società europea di Neurologia, saranno registrate le possibili complicanze neurologiche dovute a Covid, seguendo i pazienti fino a giugno 2021», spiega Pietro Cortelli, ordinario di Neurologia all’Università di Bologna. Obiettivo: capire le conseguenze degli squilibri di cui può essere vittima il sistema nervoso durante l’infezione: «La risposta infiammatoria, per esempio, può essere una reazione momentanea, in risposta a un evento, e in questo caso è un fenomeno adattativo che si risolve in poco tempo, un po’ come l’aumento momentaneo della pressione se ci emozioniamo», spiega il neurologo. Se invece l’infiammazione non si disattiva, diventa patologica, e può avere conseguenze drammatiche: «Si tratta di quella tempesta di citochine di cui si è molto parlato, e le cui conseguenze sono state analizzate da un articolo sul New England Journal of Medicine», prosegue Cortelli. Senza dimenticare che l’infiammazione è controllata dal sistema nervoso centrale: è l’ipotalamo a determinare la reazione dell’organismo, con un meccanismo simile a quello che si attiva di fronte a uno stress cronico. In altre parole, «un danno al sistema nervoso interferisce anche con i meccanismi con cui l’organismo controlla la malattia», ricorda Cortelli. «Conosciamo ancora poco il rapporto tra neurologia e immunologia, ma sono proprio questi processi che spiegano perché organismi diversi reagiscano in modo così diverso all’infezione».
Covid: dopo la guarigione resta la stanchezza cronica
SENSO DI CONFUSIONE
E che il sistema nervoso c’entri qualcosa è ormai certo, anche se le cose sono più complesse di quanto sembri. I primi sintomi a far pensare a un coinvolgimento neurologico sono le alterazioni dell’olfatto e del gusto, «ma forse il sintomo più diffuso, a volte anche più della febbre, è il mal di testa», spiega Cortelli. «Un mal di testa che si protrae nel tempo, insolito anche per chi soffre abitualmente di questo disturbo». Molto diffusa anche la cosiddetta “brain fog”, una forma di confusione più o meno grave che va da un affaticamento persistente con difficoltà di memoria e concentrazione, a un vero e proprio disorientamento cognitivo, fino a seri disturbi della vigilanza e al coma. «Spesso si sente parlare di delirio, che è una traduzione impropria di “delirium” e si riferisce a uno stato confusionale, non a un delirio di tipo psicotico», ricorda Cortelli. Sintomi che possono essere espressione di un’encefalopatia, una compromissione delle funzioni cerebrali che può avere diversi livelli di gravità, o di encefalite, ossia un’infiammazione dell’encefalo.
In realtà, non sappiamo nemmeno in quanti casi il virus raggiunga effettivamente il cervello. «Si è pensato che la strada più diretta potesse essere il nervo olfattorio, visto che in molti casi c’è una compromissione dell’olfatto, ma non abbiamo conferme», spiega Pezzini. Perché i disturbi si presentano in forma molto variabile, e anche perché non abbiamo la certezza che il virus sia localizzato proprio in queste cellule, visto che potrebbe raggiungere il sistema nervoso centrale per altra via, per esempio attraverso il sangue. Un chiarimento importante potrebbe arrivare dalle autopsie che per mesi, però, non sono state eseguite, per ragioni di sicurezza: «È un problema che adesso speriamo di superare – spiega Cortelli – ma da uno studio su dieci casi emerge che solo in uno di questi il virus è stato trovato nel parenchima cerebrale, e si trattava di un soggetto molto compromesso, mentre nei tessuti cerebrali di altri pazienti, che pure avevano manifestato sintomi neurologici, tra cui diminuzione dell’olfatto, il virus non era presente».
Covid-19 provoca danni all’udito?
GLI EFFETTI A LUNGO TERMINE: GLI STUDI
In più, non è facile stabilire quanto i disturbi dipendano da un’azione diretta del virus, e quanto dalle manifestazioni cliniche della malattia, come l’insufficienza respiratoria o i problemi di coagulazione. «Saperlo ci permetterebbe di capire come trattarli, e porrebbe essere utile per valutare eventuali conseguenze neurologiche nel lungo periodo», sottolinea Pezzini. Lo sguardo dei ricercatori è già rivolto al futuro, per cercare di capire se la malattia possa avere effetti sul sistema nervoso, anche in tempi medio lunghi. Per esempio, se possano verificarsi casi di demenza o di sindrome di Guillain Barrè – una malattia dei nervi che si manifesta con astenia muscolare acuta – come conseguenze dell’infezione. Per capirlo ci vorranno anni, anche se è già stato pubblicato uno studio su un potenziale legame con il morbo di Parkinson. «Non è insolito che un’infezione virale provochi disturbi neurologici», ricorda Cortelli. «Ci sono dei possibili precedenti, tra cui forse l’encefalite letargica di cui parla Oliver Sacks in Risvegli».
Quello che sembra emergere dai primi dati italiani è che i pazienti già affetti da malattie neurologiche, tra cui l’ictus, hanno un tasso di mortalità e disabilità più alto rispetto a soggetti meno fragili. Più difficile, invece, indagare il rapporto tra ictus e infezione: in Lombardia lo studio multicentrico Strokovid ha mostrato una maggiore severità di ictus nei pazienti Covid, legata forse alle alterazioni della coagulazione innescate dal virus o all’anomala attivazione del sistema infiammatorio. Questo potrebbe anche determinare una maggiore incidenza di eventi nei pazienti colpiti dall’infezione, «ma ci sono anche dati che vanno in direzione opposta», ricorda Pezzini. «Un fenomeno in cui sicuramente gioca un ruolo importante la resistenza dei pazienti a recarsi in ospedale in caso di disturbi apparentemente non gravi».
Argomenticoronavirus neurologia FONTE REPUBBLICA.IT